Giacomo Gaggero, Luca Trabucco
da IDE, Psicànalise e cultura, v.44, n° 74, pp. 153-158, 2022 – Revista da Sociedade Brasileira de Psicànalise de Sao Paulo.
Fabrizio De Andrè – Creuza de Mä (https://www.youtube.com/watch?v=78YNQ7zzxvQ)
“Umbre de muri, muri de mainé
Dunde ne vegnì, duve l’è ch’ané
Da ‘n scitu duve a l’ûn-a se mustra nûa
E a nuette a n’à puntou u cutellu ä gua
E a muntä l’àse gh’èrestou Diu
U Diàu l’è in çë e u s’è gh’è faetu u nìu
Ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
A funtan-a d’i cumbi ‘ntacä de pria
E ‘nt’a cä de pria chi ghe saià
Int’à cä du Dria che u nu l’è mainà
Gente de Lûgan facce da mandillä
Qui che du luassu preferiscian l’ä
Figge de famiggia udù de bun
Che ti peu ammiàle senza u gundun
E a ‘ste panse veue cose ghe daià
Cose da beive, cose da mangiä
Frittûa de pigneu giancu de Purtufin
Çervelle de bae ‘nt’u meximu vin
Lasagne da fiddià ai quattru tucchi
Paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
E ‘nt’a barca du vin ghe naveghiemu ‘nsc’i scheuggi
Emigranti du rìe cu’i cioi ‘nt’i euggi
Finch’ou matin crescià da puéilu rechéugge
Frè di ganeuffeni e d’è figge
Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä
Che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na crêuza de mä
Sombras de rostos, rostos de marinheiros,
De onde vem, onde está indo,
de um lugar onde a lua se mostra nua,
e à noite apontou a faca na garganta,
e é deixado Deus para montar o burro,
E o diabo está no céu e fez seu ninho lá,
Deixamos o mar para secar os ossos por Andreia (Dria)
a fonte dos pombos na casa de pedra,
E na casa de pedra quem estará lá,
Na casa do Andrea que não é marinheiro,
Pessoas de Lugano, rostos de batedor de carteiras,
aqueles que do robalo preferem a asa,
Moças de família, cheiro bom,
Que pode admira-las sem condom,
E para este estomago vazio o que darão,
Coisas para beber, coisas para comer,
Fritura de peixe e branco de Portofino,
Cérebro de cordeiro no mesmo vinho,
Lasanha para ser cortada com quatro molhos,
Torta em agridoce de gatos,
E no barco do vinho navegamos sobre os recifes,
Emigrantes do rindo com pregos nos olhos,
Até que a manhã cresça para poder recolhe-lo,
Irmão dos craveiros e das moças,
Mestre da corda marcha de água e sal
Que nos une e nos leva a uma ruela de mar” (Creuza de mâ) 1)
(Traduzione in portoghese a cura di Luca Trabucco)
Fabrizio De André è da molti considerato il più importante dei cantautori italiani e, per la qualità dei suoi testi, anche uno dei maggiori poeti italiani del Novecento.
Appartenente alla cosiddetta scuola genovese (insieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco) ha sviluppato la propria attività artistica tra il 1960 e il 1999, anno della sua scomparsa.
Nato nel 1940, figlio di un importante personaggio imprenditoriale genovese, studia giurisprudenza, ma abbandona gli studi a pochi esami dalla laurea, in quanto inizia la sua attività musicale. Ha un difficile rapporto col padre. Mantiene una vita sregolata, ha problemi con l’alcool, vive per un anno con una prostituta, frequenta persone di ogni ceto sociale, con grande conflitto con la famiglia. A 22 anni si sposa con una donna più grande di lui di 7 anni, di una delle famiglie più abbienti di Genova, e nasce il figlio Cristiano. Negli anni 70 questo matrimonio si concluderà. Alcuni anni dopo conosce la cantante Dori Ghezzi, figlia di un famoso portiere, Giorgio Ghezzi, che negli anni 50 e 60 giocò nelle squadre dell’Inter, Genoa e, infine Milan, con cui nel 63 vinse la prima Coppa dei Campioni d’Europa di una squadra italiana, con l’apporto di due giocatori brasiliani, Dino Sani e José Altafini. Il rapporto con Dori Ghezzi, da cui è nata una figlia, Luvi, è durato fino alla fine della sua vita. De Andrè e Dori acquistano negli anni 70 una tenuta agricola in Sardegna, dove nell’agosto del 1979 vengono rapiti dalla “anonima sequestri”. Era questa una piaga che in quegli anni era presente in Sardegna, e che si è estesa per circa 30 anni. Dopo quattro mesi di prigionia vengono liberati dopo il pagamento di un riscatto di 550 milioni di lire, pagati dal padre di Fabrizio. Al processo, De André conferma il perdono per i suoi carcerieri, ma non per i mandanti perché persone economicamente agiate. Considera i suoi carcerieri vittime quasi quanto lui stesso. Il suo interesse e dedizione alle ragioni degli umili e dei disperati non si ferma alle sue canzoni. Il carattere “sovversivo” della sua vita, le simpatie esplicite verso le organizzazioni anarchiche, porteranno a indagini in quanto sospettato di essere fiancheggiatore delle “Brigate Rosse”, l’organizzazione terroristica responsabile di numerosi attacchi armati, e del rapimento e uccisione di Aldo Moro, fra gli altri.
Muore, un mese prima di compiere 59 anni, per un carcinoma polmonare.
Nel corso della sua lunga carriera si è ispirato inizialmente alle atmosfere dei cantautori francesi, traducendo tra l’altro alcune composizioni di Brassens, passando poi a influenze anglossassoni come quelle di Bob Dylan e Leonard Cohen.
Anche dal punto di vista degli arrangiamenti e dell’orchestrazione ha attraversato diverse fasi. Inizialmente resta vicino al classico modello cantautorale ‘chitarra e voce’, a volte in associazione con strumenti acustici. Successivamente si avvicina a sonorità e arrangiamenti più moderni e strutturati che prevedono anche l’impiego di strumenti elettrici ed elettronici, ciò anche attraverso la collaborazione con artisti (tra cui Mina, Nicola Piovani, Ivano Fossati, e Francesco De Gregori) e gruppi della scena rock/progressive italiana dell’epoca (New Trolls, Premiata Forneria Marconi, Tazenda).
L’album Creuza de Mä rappresenta una svolta nella carriera dell’artista; interamente cantato in genovese, che fino al XVII secolo era una delle principali lingue impiegata, per usi commerciali, nell’area mediterranea, è stato definito dalla critica come una pietra miliare della musica etnica ed un lavoro che anticipa di anni l’avvento di quella che è stata definita world music.
L’album è stato realizzato nel 1984 con la collaborazione di Mauro Pagani (ex PFM, polistrumentista, compositore, produttore discografico, cultore e conoscitore della musica tradizionale mediterranea). Pagani è anche coautore delle musiche e contribuisce notevolmente alla coloritura “etnica” degli arrangiamenti.
Creuza de Mä è il brano che da il titolo all’album ed è certamente il più noto.
In esso vengono impiegati strumenti tipici del bacino del mediterraneo come l’oud (liuto a manico corto della tradizione araba), il bouzouki greco, il saz (una specie di liuto chiamato anche ‘chitarra saracena’) e la viola a plettro.
Il brano si apre con il suono continuo della gaida macedone, una sorta di cornamusa diffusa in molte regioni del mediterraneo (si tratta di un frammento preso da Aria per gaida sola di Dona Samiou); sulla nota prolungata del bordone si sviluppa una melodia arabeggiante fortemente evocativa che introduce all’atmosfera mediterranea della ’scena’.
Precedute da un glissato sulle note basse di un cordofono, arrivano quindi le percussioni che con il loro ritmico pulsare sembrano ben rappresentare l’inizio del viaggio (non a caso tutte le situazioni descritte nei primi 8 versi sono di movimento).
Il pezzo si sviluppa alternando il tempo prevedibile e rassicurante dei 4/4 a quelli, spiazzanti come onde anomale, dei 5/4 e 6/4 dei ritornelli e degli intermezzi musicali, rompendo così la quieta e malinconica regolarità del racconto musicale.
Il ‘campionamento’ (registrazione digitale) delle voci dei lavoratori del mercato del pesce di Piazza Cavour di Genova (registrati ‘dal vivo’ e le cui voci, per una fortunata coincidenza, sono perfettamente armonizzate con la tonalità del brano di re maggiore) offre il sapore della verità.
I testi di De Andrè sono quasi tutti rivolti ai protagonisti di una vita sotterranea, “altra” rispetto a quella accettata borghesemente: prostitute (Via del Campo), transessuali (Bocca di Rosa), assassini passionali (La ballata del Michè, “che aveva ammazzato chi voleva rubargli Marì”), assassini inconsapevoli (Il pescatore: “Venne alla spiaggia un assassino, due occhi grandi da bambino, due occhi enormi di paura, eran lo specchio di un’avventura), e tutti i personaggi della sua trasposizione di Spoon River: uomini vinti dal destino, protagonisti di una vita rubata.
In Crêuza de mä i protagonisti sono i pescatori, al ritorno dal loro lavoro umile, faticoso.
Crêuza de mä è una piccola stradina, pedonale, che scende dalla collina, che a Genova è sempre in continuità col bordo del mare, appunto fino al mare, un viottolo spesso circondato da muri delle proprietà o case che affiancano il suo percorso. Il termine Crêuza pare derivare dal celtico croesio, croesus, “buon sangue”; la gran parte delle crêuze genovesi e liguri infatti, è costituita da un lastricato centrale di mattoni rossi e ciottoli tondi ai lati. Il profilo della crêuza è convesso per consentire il drenaggio dell’acqua. L’immagine complessiva, rossa e grigia, offre la possibile similitudine con un fiume di sangue; mentre il riflesso della luce sul mare può richiamare, in certi momenti, la forma e i colori dell’acciottolato. Le crêuze, così come le coltivazioni a terrazza, le cosiddette fasce, caratterizzano il paesaggio di tutta la Liguria, spesso cantato da famosi poeti, come Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro e Dino Campana.
Ma in una visione poetica queste “crêuze” in realtà provengono dal mare e si addentrano sulla terra, oppure dalla terra continuano nel mare. Per un fenomeno meteorologico il mare altrimenti calmo, sottoposto a refoli e vortici di vento, assume striature contorte argentate o scure, simili a fantastiche strade da percorrere come vie, crêuze de mä appunto, per intraprendere dei viaggi, reali o immaginari.
Le vie del mare e quelle della terra sono in continuità: sembra di sentire in sottofondo quanto ci dice Bion, che c’è più continuità tra la vita pre-natale e quella post-natale di quanto l’impressionante cesura della nascita ci lasci intendere.
Il nascere e il vivere, dunque, in una visione amara, in cui spesso le cose sono al contrario di quanto ci vorremmo aspettare (e é deixado Deus para montar o burro, E o diabo está no céu e fez seu ninho lá,).
Eugenio Montale, prima di De Andrè, aveva trasformato poeticamente la crêuza de mä:
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. (da Meriggiare pallido assorto, in: Ossi di seppia)
I muri che circondano le crêuze hanno sempre cocci di bottiglia al loro sommo, come dispositivo anti-intrusione, in modo che il percorso è obbligato, la via è tracciata, la possibilità di deviazioni non è consentita.
Il rapporto con un destino che non si piega al bisogno o al desiderio sembra essere la cifra che accomuna Montale e De Andrè, entrambi genovesi. Una visione amara della vita, apparentemente senza speranza.
Ma credo che nell’ultima frase della canzone, come al fondo della poetica di Montale, il valore dei legami sia quel qualcosa che permette di trascendere il destino, e di rendere la vita degna di essere vissuta.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
(Montale, Satura, Mondadori, Milano)
Il ricordo della moglie scomparsa, cieca, che al di là della sua cecità, è autentica guida.
Così De Andrè: Mestre da corda marcha de água e sal, Que nos une e nos leva a uma ruela de mar (Crêuza de mä). La corda marcia d’acqua e di sale che ci unisce e ci porta in una crêuza de mä, che a questo punto, nel contenimento del legame, da percorso obbligato del destino diventa, invece, contenitore familiare e benevolo. Ritrovamento del sacro che è in noi.
Giacomo Gaggero, psicologo, psicoterapeuta e musicoterapeuta. E’ didatta e formatore presso scuole e istituzioni italiane ed estere. E’ presidente dell’Associazione Progetto Espressione che riunisce professionisti della relazione di aiuto interessati all’impiego dei linguaggi espressivi nei processi di terapia. Coordina il Corso di formazione professionale in Arteterapia e Musicoterapia patrocinato dall’Anffas Onlus di Genova.
Appasionato di jazz, collabora quale pianista, con diverse formazioni liguri.
Luca Trabucco, psiquiatra, membro efetivo da Sociedade Psicanalítica Italiana, autor de alguns volumes e artigos sobre psicanalise e arte: Sul sentiero lungo l’abisso. Letture di Edvard Munch: storia dell’arte e psicoanalisi, com a colaboração de G. Bruno e S. Grøgaard; Camille Claudel: scultore, com a colaboração de M. Mosco, L. Maccioni e al.; Il deserto di Buzzati. Il tempo l’attesa il sogno, com F. De Nicola, e livros e artigos de argumento clinico, como Nati prematuri, com Carmelo Conforto. Trabalha também como supervisor e formador em uma comunidade para adolescentes psicóticos. Vive e trabalha em Genova.
1-Creuza di mare
Ombre di facce, facce di marinai
da dove venite dov’è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l’asino c’è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido,
usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andrea,
alla fontana dei colombi nella casa di pietra.
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell’Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l’ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo.
E a queste pance vuote cosa gli darà
cosa da bere, cosa da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelle di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di lepre dei tetti.
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d’acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una creuza di mare